Vecchie, il film di
Daniele Segre recentemente presentato con
successo all’ultima Biennale del Cinema di
Venezia 2002 nella sezione “Nuovi Territori”, ha
ottenuto importanti riconoscimenti al
prestigioso Festival del Cinema Italiano di
Annecy, nell’Alta Savoia: il Premio “Cicae” per
il miglior film di qualità e il Premio “Per la
migliore interpretazione femminile” alle due
interpreti Maria Grazia Grassini e Barbara
Valmorin. Arriva ora in “prima nazionale” sul
palcoscenico del Piccolo Eliseo nella versione
teatrale prodotta dall’Associazione Teatrale
Pistoiese, nell’ambito del progetto triennale
“il Teatro del Tempo Presente”, che, sotto la
direzione della giovane regista Cristina Pezzoli,
sta promuovendo, allo scopo di valorizzarla, la
drammaturgia italiana del nostro tempo.
La scena dello spettacolo si
svolge in un soggiorno di una casa di vacanze al
mare, in un luogo imprecisato dell’Italia
centro-meridionale. Protagoniste sono due donne
tra i 63 e i 64 anni, Agata e Letizia, che per
l’intero svolgimento della storia resteranno in
camicia da notte e non riusciranno mai a uscire
dall’appartamento. Ogni scusa sarà buona per
cambiare discorso e ritardare l’uscita di casa,
nonché l’occasione per interminabili
divagazioni, tra rimpianti, nostalgie e
divertentissimi scambi di opinione, sulle
proprie esperienze di vita.
NOTE DI REGIA
L’ occasione di portare in scena Vecchie
nasce dall’incontro con Cristina Pezzoli,
direttrice artistica dell’Associazione Teatrale
Pistoiese, e rappresenta per me una grande
opportunità di sviluppare in un diverso contesto
un progetto nato per il cinema: il passaggio al
palcoscenico, del resto, è stato naturale e
coerente con l’impostazione che ha generato la
creazione dell’opera filmata, basata sulla
continuità temporale e ambientata in un unico
spazio sospeso, rarefatto.
L’oscillazione costante fra i diversi registri
del racconto corrisponde a una messa in scena
giocata, oltre che sulla recitazione, sul
colore: il bianco come sospensione
dell’atmosfera, rimando alla luce estiva di un
imprecisato soggiorno di casa al mare; il nero
che delimita i corpi, elemento di inquietudine e
paura.
La rappresentazione del corpo delle attrici
(sempre in camicia da notte - bianca -) è basata
su una scelta figurativa che non sempre lo rende
interamente visibile: un sezionamento che
rimanda in modo problematico alle questioni
dell’identità e della completezza.
Il luogo della rappresentazione (il teatro) ha
suggerito di sostituire il taglio
dell’inquadratura cinematografica con i tagli di
luce che disegnano e determinano i confini in
cui i corpi si inscrivono.
In teatro ho così avuto modo di ampliare – con
il concorso di luci e scenografie pensate
appositamente per la scena – la ricerca
espressiva nata e stimolata dall’incontro con le
attrici, Barbara Valmorin e Maria Grazia
Grassini (coautrici del testo).
Il tempo sospeso del racconto si può così
amplificare ancora di più valorizzando il grande
talento delle interpreti che mi danno modo di
portare in scena una storia che considero
necessaria e urgente, metafora di un tempo
confuso, agitato, conflittuale, nel quale ognuno
di noi vive.
DANIELE SEGRE
(Alessandria 1952) è uno dei più
importanti autori italiani di “cinema della
realtà”. Realizza film e video fin dalla metà
degli anni Settanta.
I suoi primi lavori si sono
focalizzati su problemi delle realtà giovanili
disagiate (Perchè droga, 1976; Il
potere dev’essere bianconero, 1978 ) e sulla
dignità e umanità di vite sofferte e difficili (Vite
di ballatoio, 1984).
Nel 1983 Segre ha realizzato il
lungometraggio Testadura, finzione sulla
realtà di un microcosmo giovanile fatto di
scelte ostinate, di quotidianità faticose e di
complicati rapporti interpersonali.
Per difendere un’idea personale e
indipendente di cinema, ha fondato a Torino nel
1981 la società di produzione “I Cammelli” e,
nel 1989, l’ omonima “Scuola video di
documentazione sociale”, che negli anni
successivi, anche col sostegno di Unione Europea
e Ministero del Lavoro, ha avviato decine di
giovani alla delicata e difficile attività
audiovisiva nel sociale.
Fin dagli inizi, Segre ha
lavorato sulla realtà con una metodologia di
approccio che privilegia, nella preparazione, la
conoscenza approfondita delle situazioni da
rappresentare e, nel modo di riprendere, la
“costruzione” dell’immagine.
La sua è una vera e propria
“messa in scena” della realtà, in cui lo sguardo
fotografico del cinema si fonde con una
rappresentazione spesso teatrale, con un risalto
dato ai volti e ai racconti in modo da rendere
il linguaggio visivo e verbale un tramite per
esperienze che diventano universali.
I delegati sindacali della CGIL (Partitura
per volti e voci, 1991), i minatori del
Sulcis (Dinamite, 1994), i sieropositivi
e malati di AIDS (Come prima, più di prima,
t’amerò, 1995), i giornalisti dell’Unità (Via
due Macelli, Italia. Sinistra senza unità,
2000), i licenziati della fabbrica Scaini di
Villacidro (Asuba de su serbatoiu,
2000-2001), i malati di Alzheimer e le loro
famiglie (Tempo vero, 2001) diventano -
insieme a tanti altri narrati da Segre –
protagonisti di realtà accuratamente e
amorosamente rappresentate.
Nel suo secondo lungometraggio,
Manila Paloma Bianca, 1992, Segre ha
indagato l’universo esistenziale di un attore
emarginato, utilizzando anche inserti video da
Tempo di riposo – interpretato, come nel
film, da Carlo Colnaghi, recentemente scomparso
-.
Una felice
ambiguità fra cinema e teatro, realtà e
rappresentazione, che fa sì che l’etichetta di
“documentarista” vada stretta a questo autore,
che nel 1995 ha anche debuttato nella regia
teatrale con Week-end di Annibale
Ruccello, interpretato da Barbara Valmorin.
Vecchie,
nato nel 2002 come film (BN, 81’) è stato
presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e
ha ottenuto il premio CICAE per miglior film di
qualità e il premio per le migliori attrici al
Festival “Rencontres du Cìnèma Italien” di
Annecy (ottobre 2002).
Daniele Segre dal 1996 è docente
alla Scuola Nazionale di Cinema (ex Centro
Sperimentale, Roma) e dal 2002 è co-direttore,
con Morando Morandini e Antonio Costa, del
festival di Bellaria, “Anteprima per il cinema
indipendente”.
Maria Grazia
Grassini
ha iniziato la sua
carriera teatrale con uno dei maestri
dell’avanguardia storica in Italia, Leo De
Bernardinis, interpretando il ruolo di Lucky in
Aspettando Godot di Beckett. Dopo varie
collaborazioni con De Bernardinis, Quartucci,
Scabia, Filippini ed il “Gruppo 63”, con la
Biennale di Venezia ha proseguito la sua
attività nell’ambito del teatro ufficiale. A
partire dal 1978 ha iniziato una collaborazione
con Lorenzo Salveti, portando fra l’altro in una
lunga tournée in America Latina lo spettacolo
Inferno tratto da Dante. Nel 1987 fonda la
compagnia “Operateatro”. Nell’ambito delle
produzioni di “Operateatro”, la Grassini ha
interpretato Prima di cena di Pecora, per
il quale ha preso il premio IDI Maschera con
lauro d’oro 1988.
A teatro è stata
diretta, tra gli altri, da Luigi Squarzina (in
L’avvenimento; Emmeti e Le
baccanti); da Luca Ronconi (in Misura per
misura, Orlando furioso, La
tragedia del vendicatore); Lina Wertmüller
(in La cucina di Wesker); Carmelo Bene
(in Riccardo III); Lorenzo Salveti (in
Dialogo; Nostra Dea; La morte di
Niobe; Miles Gloriosus; Elena;
Orgia di Pasolini; Inferno di
Dante; Orestiadi di Eschilo- Pasolini;
Fedra; Romeo e Giulietta).
Contemporaneamente
alla sua attività teatrale ha partecipato a
numerose produzioni televisive e radiofoniche.
In televisione ha lavorato in spettacoli di
prosa diretti da Carmelo Bene e da Nanni Fabbri.
Tra i numerosi sceneggiati, in cui ha lavorato,
ricordiamo: Squadra omicidi (regia di
Anton Giulio Maiano), Camilla (regia di
Sandro Bolchi), Ligabue, Quando avrai
bisogno di me e Gamma (regia di
Salvatore Nocita), Il dipinto (regia di
Dino Campana); La vedova e i piedipiatti
(regia di Mario Landi); Vita di Bellini
(regia di Lorenzo Salveti); Avvocati
(regia di Giorgio Ferrara), Una donna per
amico (regia di Rossella Izzo); Le
ragazze di Piazza di Spagna (regia di
Gianfrancesco Lazotti); Senso di colpa
(regia di Massimo Spano); Nana (regia di
Alberto Negrin).
Nel cinema la sua
partecipazione più significativa è stata in
Senza pelle di Alessandro D’Alatri.
Barbara Valmorin
Nasce a Bari,
ma finiti gli studi si trasferisce in Francia,
diplomandosi nel 1961 all’Accademia d’Arte
Drammatica di Parigi. Nello stesso anno debutta
a teatro in Peccato che sia una canaglia
per la regia di Luchino Visconti, con Romy
Schneider e Alain Delon.
Nel 1963 ritorna
in Italia dove lavora moltissimo a teatro,
diretta tra gli altri da Eduardo De Filippo ne
Il contratto di Eduardo stesso; da Luca
Ronconi (in Orlando Furioso; Orestea;
XX secolo; Caterina di Meilbroun;
Opera); da Giancarlo Cobelli (in La
figlia di Iorio e Amore potere violenza);
da Carlo Cecchi (in Il bagno); da Lorenzo
Salveti (in, tra gli altri, Lulù;
Macbeth; La cantatrice calva); da Ugo
Gregoretti; da Franco Zeffirelli (in Sei
personaggi in cerca d’autore).
Annibale Ruccello
ha scritto per lei Week end, messo in
scena prima da Marco Gagliardo e poi da Daniele
Segre.
Contemporaneamente
lavora al cinema, tra gli altri in:
Pasqualino sette bellezze di Lina Wertmüller
(1975); L’aria serena dell’ovest di
Silvio Soldini (1990); Il caso Martello
di Guido Chiesa (1991); Provvisorio quasi
d’amore di Daniele Segre (1988); Manila
Paloma Bianca di Daniele Segre; Inganni
di Luigi Faccini (1985).
In televisione,
tra gli altri ha lavorato in: Nina (regia
di Salveti); Maternale (regia di Luigi
Faccini); Famiglia italiana (regia di
Mattolini); Una faccia di lepre e La
signora Morli (regia di Serra); La
squadra; Incantesimo; Distretto di
polizia; Ivanov di Franco Giraldi.
Alla radio lavora
in varie commedie e sceneggiati con Pressburger,
Cobelli, Ronconi, Trionfo, Tuzzi, Bassignano,
Quartucci, Baldini, Ferrero, Nanni, Vaccari,
Lievi.
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