Il Regno delle due Sicilie a Tavola
La Cassata palermitana di Luigi Farina
Sulla scorta di questo solido gemellaggio tra Napoli e Palermo che ha dato vita alla rubrica Il Regno delle due Sicilie a tavola, questa volta sono io, per una curiosa inversione dei ruoli, ad "ospitare" molto volentieri l'interessante articolo di Luigi Farina sulla cassata. L. G.
na, voglio parlarvi di quello che si può benissimo considerare, insieme ai cannoli, il dolce “principe” della pasticceria siciliana: la cassata. Oggi esistono due tipi di cassata totalmente diversi uno dall’altro. La prima ha origine molto lontane nel tempo e viene oggi chiamata cassata al forno. La seconda, che ha origini molto più recenti, anche se è, come vedremo, una trasformazione della prima, è la più conosciuta cassata siciliana. La cassata al forno è un dolce, che come ho accennato prima, ha origini lontanissime nel tempo, e prende il nome, alcuni dicono dall’arabo “qas’at”, che vuol dire bacinella, altri dal latino “caseum”, che vuol dire formaggio. Sembra che le sue origini siano arabe, visto che furono proprio questi a portare in Sicilia la canna da zucchero, gli agrumi e anche le mandorle. Lo zucchero unito alla ricotta di pecora, che veniva prodotta in Sicilia sin dai tempi della Preistoria, formarono il composto che veniva, e viene tutt’ora usato, come farcitura di questa cassata all’interno di due strati di pasta frolla. Alla fine questo dolce così preparato viene infornato, e una volta cotto va consumato possibilmente ancora caldo o tiepido. Nel periodo normanno a Palermo le suore del convento della Martorana crearono, da un impasto di farina di mandorle e zucchero, la pasta reale, che ancora oggi molti chiamano “Martorana”, e che successivamente come vedremo venne usata per l’altro tipo di cassata. Il cioccolato che si aggiunge al composto di ricotta fu introdotto successivamente con l’arrivo in Sicilia degli Spagnoli, che portarono anche il pandispagna, mentre i canditi vennero aggiunti nel periodo barocco. La più conosciuta cassata siciliana è un dolce molto più recente nella sua creazione ed è totalmente diverso dal precedente, anche se la crema di ricotta che si distribuisce al suo interno è la stessa della cassata al forno. E’ un dolce che non viene infornato ma si prepara a freddo ed è composto da un involucro esterno che vede l’alternarsi di pasta reale, in uno strato di pochi millimetri di spessore, con delle fettine di pandispagna dello stesso spessore, e viene riempito al suo interno con la crema di ricotta, il tutto ricoperto da una glassa di zucchero. La superficie superiore viene poi decorata a piacimento con della frutta candita e con strisce di zuccata (zucca candita) e con piccole decorazioni di glassa di zucchero. Pare che l’introduzione di questo tipo di “assemblaggio” si deve, nella seconda metà del 1.800, al pasticcere palermitano Salvatore Gulì, che era proprietario di una rinomata pasticceria in pieno centro a Palermo, in corso Vittorio Emanuele. A prova di ciò ancora oggi nella zona della Vucciria qualcuno chiama questo tipo di cassata: Torta Gulì. Oggi una pasticceria a Palermo se non ha in vetrina almeno un paio di cassate non può considerarsi una pasticceria, visto il largo consumo che se ne fa, e alcune di esse si sono attrezzate per spedirle su ordinazione in ogni parte del mondo. Tuttavia questo dolce in origine veniva abbinato alla festa di Pasqua, come dimostra il proverbio siciliano: “tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua” (poco di buono è chi non mangia la cassata la mattina di Pasqua). Addirittura intorno alla metà del 1.500 venne scritto un documento ufficiale, durante il Sinodo dei Vescovi che si svolse a Mazara del Vallo (TP), dove si poteva leggere che non si può rinunciare all’uso della cassata durante le feste pasquali. Buon appetito e Buona Pasqua a tutti.
Luigi Farina Reportage fotografico
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