Teatro Sala Fontana
Via Boltraffio 21
Milano
Tel. 026886314
www.elsinor.net
STAGIONE duemilacinque/2006
La nuova stagione
che Elsinor presenta al Teatro Sala
Fontana vede principalmente delinearsi due
sezioni, una dedicata alla prosa, chiamata,
appunto, Prosa, e una
alla Poesia,
intitolata Musa di fuoco-attori e poesia e
conferma la vitalità produttiva dimostrata dalle
numerose produzioni e co-produzioni proposte nel
cartellone duemilacinque/2006.
La sezione di Prosa
comprende 6 spettacoli, di cui un concerto
inaugurale d’apertura, Napolincanto dell’
Associazione Culturale La Traccia, e 5
titoli legati a classici più o meno frequentati,
scelti sempre nell’ottica di un teatro
d’innovazione, di un teatro di parola, molto
caro a Giovanni Testori, e di un teatro di
recupero delle tradizioni teatrali (come
l’operazione di Maurizio Schmidt sulla
commedia dell’arte nell’ Arlecchino militare).
Elsinor prosegue, quindi, nel progetto
indubbiamente impegnativo di consolidare
l’identità di un teatro, che da sempre dedica
grande attenzione e visibilità a tutto ciò che è
nuovo, ad artisti emergenti, senza dimenticare
collaborazioni con artisti noti. Una volta
ancora la scelta dei classici si muove su nuove
prospettive di lettura dei testi (Violaine
tratto da L’annunzio a Maria di Paul Claudel
e diretto da Raffaella Boscolo e
Franco Palmieri), si sofferma su nuove
generazioni di artisti (Misura per misura
di William Shakespeare ed Edipo re
di Sofocle diretti da Fabio Sonzogni)
e su gruppi di giovani freschi di scuole di
recitazione (Le relazioni pericolose di
Choderlos De Laclos diretto da Silvia
Giulia Mendola).
Protagonista della
nuova stagione è la parola, la parola
pronunciata, la parola della tradizione, la
parola della nostra storia, la parola delle
nostre storie, la parola, come già detto, tanto
amata da Giovanni Testori, che scrive: “Io sento
che la parola ha bisogno di essere pronunciata,
è come se, messa così sul libro, non avesse
ancora detto quello che ha da dire. Solo il
teatro la libera completamente.”
Elsinor
apre il sipario al Teatro Sala Fontana
con Napolincanto, un concerto inaugurale
di canti e musiche della tradizione popolare
partenopea, proprio perché in queste canzoni
rintracciamo più facilmente gli esempi più
evocativi delle parole struggimento e
nostalgia, che cerchiamo, per emozionarci,
nel teatro di oggi.
La sezione
Musa di fuoco-attori e poesia è una
finestra sulla poesia e mette in luce nella
programmazione uno spazio differenziato, che
vede interagire la poesia con contaminazioni di
diverse espressioni artistiche e dei diversi
linguaggi del teatro.
Caratteristica di
questa sezione è la brevissima programmazione
degli spettacoli, volutamente concepiti come
eventi da offrire alla città.
Accanto ai giovani
e agli artisti meno noti, due grandi artisti
danno prestigio a Musa di fuoco-attori e
poesia: Iaia Forte e Virginio
Gazzolo. Quest’ultimo consolida una
collaborazione ormai avviata da tempo con
Elsinor, che lo presenta in Leopardi.
Lettera a un giovane del XX secolo.
Mentre Iaia
Forte sarà protagonista, diretta da uno dei
registi più interessanti del nostro panorama
teatrale, Giuseppe Marini, de La
regina di Scozia di Federico Della Valle,
prodotto da Elsinor con il sostegno della
Fondazione Teatro Piemonte in occasione
del progetto Le montagne del fare anima,
spettacoli ed eventi per le Olimpiadi della
Cultura Torino 2006 e con il contributo del
Comune di Forlì – Assessorato alla Cultura.
CARTELLONE
P R O S A
15 ottobre 2005
Associazione Culturale La Traccia
Napolincanto
concerto
inaugurale
canti e musiche della tradizione popolare
partenopea
con
Gianni Aversano – voce e chitarra
Domenico De Luca – chitarra solista e
percussione
Nando Piscopo - mandolino
Elsinor
apre la stagione duemilacinque/2006 al Teatro
Sala Fontana con un concerto inaugurale di canti
e musiche della tradizione popolare partenopea,
Napolincanto.
L’osservazione più
ricorrente sul concerto è la sorpresa di una
novità rispetto ad un repertorio abusato da più
di mezzo secolo da tanti artisti: dalle
villanelle del 1500 alle canzoni di Sergio Bruni
di vent’anni fa. Gli arrangiamenti essenziali e
un dialogo continuo e sempre nuovo tra i
musicisti sostengono un punto di vista mai
focalizzato da pur eccellenti interpreti e
commentatori della storia senza abbellimenti o
ideologismi.
Emerge così, nella
prima parte dello spettacolo, il dolore di uno
struggimento provocato dalla chiusura del cuore
(la finestra) dell’amata che non vuole guardare,
sostenuto dalla tenerezza di un amore che senza
tregua ama anche questa fatica.
La seconda parte
descrive, invece, situazioni di innamorati che,
pur trovandosi core a core, hanno negli occhi
tutta la bellezza che sta loro intorno ed un
desiderio che non si accontenta. Un amore che
non fa chiudere gli occhi, ma che diventa il
particolare che spalanca al tutto e grida per
sempre.
Alcuni brani della
scaletta invitano il pubblico ad una
partecipazione cantata (almeno nei ritornelli
famosi) e altri offrono, nel finale, un
assicurato divertimento. Particolarmente
piacevoli le tammurriate e le tarantelle, legate
a periodi della storia di Napoli, tra giacobini
e sanfedisti, briganti e piemontesi, liberatori
americani di colore e nascite oscure.
Gianni Aversano,
il cantante-attore, dimostra di saper andare ben
al di là del sentimentalismo, portando alla luce
il respiro universale della canzone napoletana.
Domenico De
Luca dà alla chitarra, spagnoleggiante, una
padronanza classica.
Nando Piscopo
al mandolino offre coloriture virtuose e
accattivanti, con tocchi sempre più precisi e
plateali.
Napolincanto
offre due ore cariche di una passione, che
riempie il cuore di struggimento e, inaspettata,
esplode in una danza vorticosa e coinvolgente.
dal 15 al 26
novembre 2005
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione
Misura per misura
di
William Shakespeare
con Gabriele
Parrillo, Giovanni Franzoni,
Cristina Spina, Stefano Braschi,
Andrea Soffiantini, Fausto Caroli,
Fatima Martins
costumi Beatrice Laurora
scene da un’idea di ARCHIforum
realizzazione Sergio Cangini
aiuto regia Mauro Babini
regia Fabio Sonzogni
Elsinor
ripropone Misura per misura di
Shakespeare diretto da Fabio Sonzogni.
Scritta nel 1604,
Misura per misura può essere definita
dramma problematico, dark comedy o commedia
oscura. Pervaso da contraddittorie pulsioni,
lo spettacolo è un gioco del teatro che fa da
specchio ad un mondo senza certezze e in cerca
di un nuovo significato per la giustizia,
l’autorità, la morale, la pietà e la dignità
umana.
Ambiguo è il
protagonista, il duca Vincenzo, maestro della
rappresentazione, che lascia temporaneamente la
carica al virtuoso Angelo, per poi osservare e
controllare dall’esterno, nei panni di un frate,
lo spettacolo crudele di un esercizio del potere
torbido e ipocrita. La vicenda si svolge al
cospetto di una presenza-assenza, quella
del duca Vincenzo, che ordisce la sua trama e
gli sviluppi dell’azione in qualità di giudice
supremo e divina provvidenza. E tragicamente
ambiguo è Angelo, il despota puritano
inflessibile nell’applicazione della legge, ma
ben presto artefice di un turpe ricatto. E così
anche Isabella, la vergine virtuosa, e suo
fratello Claudio, il condannato, sono colti
nella loro comune incapacità di distinguere tra
la giustizia e la pietà, tra il peccato e la
virtù.
Sullo sfondo una
Vienna oscura, decadente, abitata da mezzani,
che rivendicano il proprio spazio e le proprie
ragioni.
A coronare questa
tortuosa esplorazione della natura umana e dei
suoi grovigli insolubili un lieto fine
sconcertante accentua il carattere irrisolvibile
del dramma, in cui il duca, giudice supremo,
rimette in ordine i suoi burattini e riprende in
mano il suo regno, ristabilendo i ruoli e le
leggi del contratto sociale, in una scena
falsamente rassicurante, che lascia aperta ogni
domanda sull’amore, sulla giustizia, sulla
morale e sul peccato.
Spettacolo
inserito in Invito a Teatro
dal 2 al 12 marzo 2006
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione
Edipo re
di
Sofocle
nuova traduzione
di Bianca Maria Mariano
con Franco Pistoni, Enrichetta
Bortolani, Gabriele Parrillo,
Marco Mete
scene Emanuela Pischedda e Fabio
Sonzogni
costumi Emanuela Pischedda
disegno luci Raffaele Perin
aiuto regia Mauro Babini
assistente alla regia Alessandra Pozzi
regia Fabio Sonzogni
Edipo, l’uomo
che più ha sofferto ha scoperto l’enigma
dell’uomo
F. W.
Nietzsche
La nuova scommessa
di Fabio Sonzogni prodotta da Elsinor
è il confronto con uno dei testi classici più
noti, Edipo re di Sofocle, la cui
trama è nota e di cui il regista dice:
Edipo rispose
all’enigma posto dalla Sfinge: “Qual è l’essere
che al mattino ha quattro gambe, a mezzogiorno
due e alla sera tre, ed è tanto più debole
quanto più numerose sono le sue gambe?”. Com’è
noto la risposta è l’uomo.
Ed è qui che ha
inizio la sua tragedia, quando la sua indagine
conoscitiva trova nell’uomo, appunto, in sé
stesso, l’oggetto di ricerca.
Punto centrale del testo è la tensione del
protagonista verso la conoscenza, che lo spinge
alla scoperta della verità. Edipo mostra fino in
fondo quasi in modo incosciente una fede
incrollabile nella possibilità della ragione
umana di costruire un senso, di tracciare un
ordine nel mondo devastato dalla peste. Edipo
caparbiamente e ingenuamente indaga, interroga,
avanza ipotesi, che scartano in partenza
soluzioni magiche o comunque irrazionali fino a
giungere alla verità, quella verità orribile che
lo scaccerà nelle tenebre dove lo sguardo non
serve più.
Gli dei sono
pressoché assenti dalla tragedia, che è tragedia
pienamente umana, e il senso di questo
spostamento di focale risulta con grande
evidenza dall’importanza che assumono oracoli e
indovini, tramiti imperfetti e oscuri fra Dio e
uomo. Obliqui, enigmatici, spesso ingannevoli,
gli oracoli si sostituiscono al chiaro dettato
della parola divina o all’intervento diretto del
dio in forma di personaggio. L’uomo dunque viene
rappresentato in una dimensione di solitudine,
senza dei ma anche senza simili, con cui
condividere il peso della colpa. Sbocco naturale
di questo isolamento è un autolesionismo senza
nessuna via di uscita alternativa.
Tutta la
vicenda risulta segnata da un errore tragico,
una specie di antecedente paralizzante, un non
detto che avanza svelandosi via via in tutta la
sua inevitabilità: Edipo è “nato da chi non
doveva, ha posseduto chi non doveva, ha
ammazzato chi non avrebbe dovuto”. Aver voluto
indagare il fondo e le ragioni dell’errore con
protervia e accanimento è la vera colpa di
Edipo. L’avere voluto tutto e troppo, l’avere
guardato fisso nel fondo dello specchio provano
lo scardinamento dell’ordine: l’attraversamento
del limite comporta il rischio della
profanazione, l’ingresso in un mondo Altro,
dominato dal disordine del sangue, dalla
circolarità senza via di scampo dell’incesto.
L’investigazione coincide con l’investigato in
un giallo perfetto la cui soluzione lascia
ancora aperte troppe domande.
Fabio
Sonzogni
Spettacolo
inserito in Invito a Teatro
dal 24 marzo al
1° aprile 2006
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione
Le relazioni pericolose
di
Choderlos De Laclos
con Enrica
Barel, Anna Della Rosa, Marco
Lugli, Silvia Giulia Mendola,
Daniele Ornatelli
coreografie Alejandro, Angelica
e Guglielmo Balzari
costumi Simona Isgrò
regia Silvia Giulia Mendola
Choderlos De
Laclos racconta che incontrò un uomo con la
reputazione di ruba cuori, un uomo nato “per
capire le donne e gli inganni nei quali esse
sono così esperte”. Prese appunti sulla
conversazione avvenuta tra loro, li unì ad
alcuni aneddoti minori della sua gioventù e
inventò tutto il resto; così nacquero Les
liasons dangerouses.
Il testo mostra
una classe dirigente sterilmente egocentrica,
corrotta e condannata all’autodistruzione; il
nodo centrale su cui si concentra l’autore è il
fallimento dei suoi cinici personaggi, vittime
della presuntuosa illusione di poter seguire gli
schemi proposti dalla ragione fino alle
conseguenze estreme, deridendo e accantonando,
ma segretamente temendo, passioni e sentimenti.
Per questo la costruzione di questo spettacolo
verte a mettere in luce la formalità estrema
della società francese del XVIII secolo tramite
una partitura di movimenti, gesti, sguardi
meccanici e schematici che, a causa del graduale
e ineluttabile sopravvento dell’Amore, forza
archetipa dell’uomo, si disgregheranno fino a
dar luogo ad un linguaggio essenziale che
rivelerà la verità di ogni personaggio.
Lo spazio scenico,
quadrato, delineato da una corda, sarà come una
gabbia dalla quale né i personaggi, né gli
attori potranno mai uscire; non esistono quinte,
e su di loro incombe una scacchiera
bidimensionale posizionata come un fondale,
dalla quale si sono immaginati staccarsi due
cubi, uno bianco e uno nero, che insieme a due
lettere, sempre bianche e nere, a dimensione
umana, saranno gli unici elementi di
scenografia.
In
contrapposizione a questo ambiente stilizzato e
non temporalmente definito, a significare
l’universalità della vicenda, corsetti,
parrucche e trucco richiamano fedelmente
l’epoca.
Ad accompagnare,
sostenere ed incarnare queste ragnatele di
rapporti intricati che cercano una forma,
unicamente tanghi, con tutta la loro passione.
Spettacolo
inserito in Invito a Teatro
dal 16 al 27 maggio 2006
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione/Farneto
Teatro
Arlecchino militare
alla
ricerca di una commedia perduta dei comici
dell’arte
con Giorgio
Branca, Claudio De Maglio, Massimo
Greco, Pino Menzolini,
Ancilla Oggioni, Carlo Ottolini,
Marco Sgrosso, Elisabetta Vergani
luci Loredana Oddone
costumi Stefania Basile
maschere Stefano Perocco
musiche dal vivo Danila Massimi
musica Ramberto Ciammarughi
drammaturgia e
regia Maurizio Schmidt
Torna a Milano con
Arlecchino militare, una curiosa
operazione sulla commedia dell’arte,
Farneto Teatro, il progetto teatrale diretto
da Maurizio Schimdt ed Elisabetta
Vergani, con la co-produzione di Elsinor
Teatro Stabile d’Innovazione.
Farneto Teatro
ritorna a Milano dopo quindici anni di teatro
fuori dal teatro, sperimentato in Umbria,
con uno spettacolo che è esemplare della sua
storia; infatti approda al palcoscenico dopo un
tragitto di realizzazioni in castelli, bunker,
ville, fabbriche e cantieri in cui si è di volta
in volta adattato ai luoghi reali, mutando forme
e drammaturgia, secondo l’antico gioco dei
comici dell’arte.
La reinvenzione
dell’antica storia di Arlecchino, che diventa
soldato, è un giocoso atto d’amore per il mondo
della commedia dell’arte e
contemporaneamente un doloroso attestato della
sua impossibilità in tempo di guerra. Esistevano
nel ‘600 vari canovacci di questa strana storia,
quasi tutti perduti; di essi si ritrovano tracce
ne L’amante militare di Carlo Goldoni.
C’è poi un’opera più moderna, che ha sviluppato
lo stesso plot: Un uomo è un uomo di
Bertold Brecht. Tutti questi materiali hanno in
comune lo stesso evento: il contadino inurbato,
che fa il facchino, incontra gli arruolatori.
Negli antichi canovacci Arlecchino se la cavava
con la sua furbizia; nell’opera di Carlo Goldoni
egli diserta le marce e si salva fortunosamente
dalla fucilazione; in quella di Bertold Brecht i
metodi di arruolamento sono molto più perentori
e moderni ed egli subisce una vera e propria
metamorfosi, venendo trasformato in una spietata
macchina da guerra. Così dal mondo delle
alabarde a quello delle mitragliatrici tramonta
la maschera popolare e con lei la commedia.
Farneto Teatro ha cercato una sintesi tra
tutti questi materiali di tradizione e ciò che è
stato reinventato dagli attori nel gioco
scenico, frugando nella lontana memoria dei
comici dell’arte che riposa in ogni teatrante.
La storia dell’arruolamento di Arlecchino è così
stata ambientata nella grottesca babele
linguistica che doveva accompagnare dalle nostre
parti il transito di un’armata straniera.
Arlecchino è un immigrato napoletano al servizio
di Pantalone, nella cui casa i militari prendono
quartiere; la figlia di Pantalone, Rosaura, si
innamora di un tenentino e così Arlecchino e
Colombina si trovano molto presto a mettersi nei
pasticci per doverla servire. Da qui in poi la
commedia si annoda nel suo gioco: equivoci,
travestimenti, lazzi, in una sarabanda di zanni,
capitani, magnifici e dottori. Arlecchino,
stupito e attratto dall’armata straniera,
portatrice di una ricchezza a lui sconosciuta,
si illude di giocare i soldati, ma viene a sua
volta giocato. E la storia finisce molto male.
Ma se anche Arlecchino va alla guerra, allora è
proprio finita l’epoca in cui le commedie erano
dell’arte ed erano la nostra cultura.
Spettacolo
inserito in Invito a Teatro
dal 13 al 24 giugno 2006
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione/Fondazione
Adriano Bernareggi
Violaine
tratto da
L’Annunzio a Maria di Paul Claudel
riduzione Antonio Sixty e Davide
Rondoni
regia Franco Palmieri e Raffaella
Boscolo
Elsinor
chiude la stagione duemilacinque/2006 al
Teatro Sala Fontana con Violaine,
tratto da L’annunzio a Maria, il testo
teatrale più noto di Paul Claudel.
Rappresentato per la prima volta al Tèậtre de l’Oevre
di Parigi nel 1912, ambientata in un medioevo
volutamente di maniera, narra la storia del
sacrificio di Violaine, promessa sposa di
Giacomo Hury, che anche la sorella Mara ama.
Violaine è
desiderata anche dal costruttore di cattedrali,
Pietro di Craon, viene calunniata dalla sorella,
rinnegata dalla famiglia e dal fidanzato, si
ammala di lebbra e si ritira in solitudine per
votarsi a Dio. In un prologo e quattro atti, la
mistica e accesa scrittura di Paul Claudel
mette in scena un mistero sul tema del
sacrificio e dell’innocenza.
Questo nuovo
allestimento, Violaine, riprende
l’edizione diretta da Antonio Syxty nel
1995, nel cui cast figuravano Raffaella
Boscolo e Franco Palmieri,
protagonisti anche della versione televisiva
realizzata tre anni dopo per RaiDue nell’ambito
della rassegna Palcoscenico. Quella riduzione è
la base anche del nuovo allestimento insieme ad
alcuni brani dell’edizione televisiva.
In questa nuova
versione Raffaella Boscolo e Franco
Palmieri riattraversano lo spettacolo da
soli. E’ qualcosa di più della mera celebrazione
del cinquantesimo anniversario della morte
dell’autore; è, nella linea poetica di
Elsinor, il recupero della centralità della
parola, in un momento in cui sembra aver perso
la sua centralità nella comunicazione, non solo
a teatro.
Spettacolo
inserito in Invito a Teatro
M U S A
D I F U O C O
a t t o r i
e p o e s i a
dal 17 al 21 ottobre 2005
Teatro degli Incamminati/Teatro sul filo
Filarmonica Clown
Numbert
Il
passeggero del secolo
di Gerard Vazquez
traduzione di
Gina Maneri e Monica Valenti Ponsa
con Valerio Bongiorno
musica dal vivo Francesco Chebat
luci Luciano Mestriner
scena Alessandro Aresu
collaborazione alla regia Renata
Coluccini
regia Valerio Buongiorno
Elsinor
apre la sezione Musa di fuoco-attori e
poesia, la finestra sulla poesia e le
contaminazioni di diverse espressioni
artistiche, con Numbert-Il passeggero del
secolo di Gerard Vazquez,
prodotto dal Teatro degli Incamminati e
Teatro sul filo Filarmonica Clown,
diretto da Valerio Bongiorno con la
collaborazione di Renata Coluccini. Lo
spettacolo è offerto ad un pubblico limitato sul
palcoscenico di 60 spettatori.
E’ notte, sul
ponte di un transatlantico in viaggio per
l’America.
Un personaggio
ossessionato dai numeri incontra un altro
personaggio. Un matematico che forse potrà
capirlo. Gli racconta la sua vita, di quando
lavorava in miniera e tutti pensavano che fosse
muto. Finché un giorno ammutolisce davvero dopo
l’incontro con una donna. Si rivolge a un
dottore per curare il suo mutismo e, sotto a una
sorta di ipnosi, vede una serie di immagini per
lui incomprensibili. Numbert, a questo punto,
chiede un ultimo favore al matematico: deve
sapere che numero dire alla donna quando la
ritroverà.
Ma arriverà alla
fine del viaggio?
Gerard Vazquez
è laureato in Psicologia Clinica all’Università
di Barcellona. Regista, traduttore e autore ha
curato la messa in scena di numerosi spettacoli
per l’Opera di Catalogna e per la Sala Beckett
di Barcellona. Ha tradotto, tra gli altri, Dario
Fo e Franca Rame, la sceneggiatura de La Strada
di Federico Fellini, Nabokov. Come autore ha
pubblicato: Cansalada cancel-ada, Tempo de
ensayo, Magma, Carnaval de Cendres, El somriure
del guanyador.
dal 30 novembre al 3 dicembre 2005
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione
Virginio Gazzolo
in
Leopardi. Lettera a un giovane del XX secolo
tratto da testi di
Giacomo Leopardi
luci Paolo Mazzi
suono Pierluigi Calzolari
costumi Elena Dal Pozzo
regia Virginio
Gazzolo
Di Giacomo
Leopardi Virginio Gazzolo propone il volto
meno conosciuto e troppo spesso nascosto
dall’immagine pessimista e malinconica a cui
siamo abituati. E’ un ritratto del poeta da
giovane, avido d’amore e di gelati, vitale e
ribelle. L’intreccio drammaturgico si basa su
alcuni Canti del poeta e sui suoi scritti più
intimi: lettere, appunti, ricordi d’infanzia e
d’adolescenza e l’abbozzo di una lettera ad un
amico futuro, un giovane del nostro tempo.
Questa lettera
Leopardi non l’ ha mai scritta, è, appunto, un
progetto letterario tra moltissimi altri mai
realizzati. E del resto anche il giovane a cui
intendeva rivolgersi non esiste più, appartiene
anche lui ormai a un secolo passato. E tuttavia
in tante sue lettere, pensieri e anche poesie
Leopardi si rivolge al futuro, con un appello
appassionato ai giovani, perché si ribellino
alle ingiustizie, mortificazioni, egoismi, anche
alla noia del mondo dei vecchi: è rischioso, ma
se si vuol crescere e godere un po’ di felicità,
che il giovane azzardi, anche se stesso. Come
attore mi incanta la sua serena certezza che
tutto quanto scriveva di poetico e filosofico
nasceva da stimoli puramente fisici: il talento
è cosa fisica, corporea, dice. Mi conforta
questa teoria, forse perché l’arte dell’attore,
l’artigianato nostro, è fatto molto di muscoli e
di nervi. Non credo che si ubriacasse, come
malignano certi suoi detrattori, ma di certo
afferma, e per esperienza personale, che il
poeta lirico trova la più divina ispirazione
quando è riscaldato dal vino, mezzanamente
aggiunge. Il rapporto tra stimolo fisico e
poesia mi ha preso la mano e mi sono divertito a
creare altro. Passata è la tempesta, odo augelli
far festa: sorprende che gli uccelli festeggino
come giovanotti invece che cinguettare, è
un’invenzione poetica. Ma Leopardi ci avverte
che nei versi il concetto è mezzo del poeta e
mezzo della rima, e talvolta due terzi o anche
tutto della sola rima. Insomma a volte il senso
è inventato dal suono, la poesia dalla materia.
E a proposito di quei due famosi versi e di
stimoli, c’è una curiosa testimonianza
(veritiera?) di sua cognata: il poeta, che
soffriva di stipsi, li avrebbe scritti quando,
dopo una settimana di tormento, si liberò: …
passata è la tempesta… mi piace questo Leopardi
così abbarbicato alla terra e diffidente delle
astrazioni, innamorato della vita e avverso a
ogni fanatismo ideologico, religioso, culturale,
che inventi esseri superiori. Non l’ ha mai
scritta quella lettera, ma c’è una nota nello
Zibaldone che si conclude così: “Può servire per
la lettera al giovane del ventesimo secolo”.
Parla, in quelle poche righe, di una futura
civilizzazione delle scimmie, associabili – dice
– alla grande alleanza degli esseri intelligenti
contro le cose non intelligenti. E altrove parla
del sentimento di un cane, della felicità dei
polipi, del raziocinio delle pulci. Questa idea
dell’attuale natura di tutti i viventi è forse
una stravaganza un po’ infantile, ma credo che
possa incuriosire e far riflettere un giovane di
questo nostro XXI secolo. E anche, e di più, un
vecchio come me.
Virginio
Gazzolo
9 febbraio 2006
Istituto Polacco di Roma
Una vita all’istante
poesie di
Wislawa Szymborska
con Cristina
Spina
scultura di Paola Gandolfi
colonna sonora Arturo Annecchino e
Ferdinando Nicci
collaborazione artistica Paola Rota
foto di scena Azzurra Primavera
regia Cristina Spina
In un tempo
remoto, in un luogo ai confini del sogno e
dell’immaginazione si assiste al dialogo tra una
ragazza e una testa di donna. Sotto la minaccia
costante dell’esplosione di una bomba il
colloquio si dipana fra domande e considerazioni
costruite sul filo della memoria alla ricerca di
un’identità.
Il mondo,
qualunque cosa noi ne pensiamo, spaventati dalla
sua immensità, amareggiati dalla sua
indifferenza alle sofferenze individuali (di
uomini, animali e forse piante, perché chi ci dà
la certezza che le piante siano esenti dalla
sofferenza?), qualunque cosa noi pensiamo dei
suoi spazi trapassati dalle radiazioni delle
stelle, stelle intorno a cui si sono già
cominciati a scoprire i pianeti (già morti?
ancora morti?), qualunque cosa pensiamo di
questo smisurato teatro, per cui abbiamo si il
biglietto d’ingresso, ma con una validità
ridicolamente breve, limitata da due date
categoriche, qualunque cosa ancora noi
pensassimo di questo mondo-esso è
stupefacente.”.
da Il poeta e
il mondo di Wislawa Szymborska
Ho perso
qualche dea per via dal sud al nord
E anche molti dei per via dall’est all’ovest
Mi si è spenta per sempre qualche stella,
svanita
Mi si è sprofondata nel mare un’isola, e
un’altra
Non so neanche dove mai ho lasciato gli artigli,
chi gira nella mia pelliccia, chi abita il mio
guscio.
Mi morirono i fratelli quando strisciai a riva.
E solo un ossicino festeggia in me la
ricorrenza.
Non stavo nella pelle, sprecavo vertebra e
gambe,
me ne uscivo di senno più e più volte.
Da tempo ho chiuso su tutto ciò il mio terzo
occhio,
Ci ho messo una
pinna sopra, ho scrollato le fronde
Perduto, smarrito, ai quattro venti se n’è
volato
Mi stupisco io stessa del poco di me che è
restato
Una persona singola per ora di genere umano,
che ha perso solo ieri l’ombrello sul treno.
Wislawa
Szymborska
31 maggio 2006
Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione con il
sostegno della Fondazione Teatro del Piemonte
in occasione del progetto Le montagne del fare
anima, spettacoli ed eventi per
le Olimpiadi della Cultura Torino 2006 e
con il contributo del Comune di Forlì –
Assessorato alla Cultura
Iaia Forte
in
La Regina di Scozia
di
Federico Della Valle
drammaturgia
Fabrizio Frasnedi
scene e costumi Stefania Basile
musiche Gaetano Donizetti
regia Giuseppe Marini
Dal capolavoro di
Federico Della Valle, La regina di
Scozia, uno dei testi più teatrali della
nostra letteratura, nasce questo spettacolo, in
cui la parola e il verso trovano e mostrano il
loro primato assoluto. Una prova di teatro
attraverso la quale il valore del verso si pone
come unico veicolo di comunicazione di questo
intenso dramma storico. I riferimenti
dell’allestimento non sono, quindi, scene e
storia della infelice regina, ma, nella
riduzione di Fabrizio Frasnedi, docente
di Italianistica presso l’Università degli Studi
di Bologna, sarà esclusivamente la grande
architettura sonora del verso e della parola.
Giovanni Testori ha spesso indicato nella
sonorità e nella rocciosità dei versi di questo
autore un’ assoluta e unica radicalità teatrale.
Uno spettacolo con
Iaia Forte, protagonista diretta da
Giuseppe Marini, uno dei registi più
interessanti del nostro panorama teatrale, in
una nuova produzione di Elsinor Teatro
Stabile d’Innovazione con il sostegno di
Fondazione Teatro del Piemonte in occasione
del progetto Le montagne del fare anima,
spettacoli ed eventi per le Olimpiadi della
Cultura Torino 2006 e con il contributo del
Comune di Forlì – Assessorato alla Cultura.
La regina di Scozia debutterà il 26 maggio 2006
a Torino e l’evento sarà replicato in tournée il
27 maggio a Bologna, il 28 maggio a Forlì, il 30
maggio a Firenze, prima di approdare a Milano
sul palcoscenico del Teatro Sala Fontana.
Teatro Sala Fontana
Via Boltraffio 21
Milano
Tel. 026886314
www.elsinor.net
PER
PRENOTAZIONI E INFORMAZIONI
da lunedì a
venerdì dalle 9.30 alle 16.00 Tel. 0269015733
fontana.teatro@elsinor.net
BIGLIETTERIA
apertura dopo ore
18.00 durante la programmazione degli spettacoli
Teatro Sala Fontana – Via Boltraffio 21 – 20159
Milano – Tel. 026886314
- domenica dalle 14.00 alle 16.00
Il Teatro Sala Fontana si raggiunge con i
seguenti mezzi pubblici:
- tram 3-4-7-11
- autobus 82-90-91-92
- metropolitana linea 3 – Zara
- radiobus 48034803 su prenotazione – Via
Boltraffio 16
Parcheggio convenzionato Via Ugo Bassi 2
INGRESSO
- posto intero € 16
- riduzione militare e giovani fino a 25 anni €
12
- riduzione anziani oltre 60’anni e giovani fino
a 14 anni € 8
- promozione speciale mercoledì posto unico € 12
- Fontanacard intero – 6 ingressi a scelta
quando e con chi vuoi - € 87
- Fontanacard ridotto per giovani fino a 25
anni, enti convenzionati –
6 ingressi quando e con chi vuoi - € 66
ORARIO DEGLI SPETTACOLI
- feriali ore 20.30
- festivi ore 16.00
- LUNEDI’ RIPOSO
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