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Riscoltato per voi
da
Mario Corsini
28/01/2004 |
Morto da quasi
quaranta anni, svanito il suo ricordo (casomai
ci fosse mai stato) nel grande pubblico che pure
ne aveva apprezzato alcune sue composizioni
reinterpretate da alcuni gruppi rock, è toccato
al recente bel film di Wim Wenders "The soul of
a man" darci l'occasione di riascoltare per voi
(e per noi pure!) quel grandissimo bluesman di
Bentonia chiamato Skip James.
Ma non è nuovo né
inedito nella storia del blues che un
grandissimo viva da sconosciuto nell'indigenza,
avendo riversato in un'unica seduta d'incisione
tutti i suoi capolavori per riapparire già
vecchio e malato alla vigilia della sua
scomparsa in pieno "blues revival".
Skip è stato il
maestro di molti musicisti di cui abbiamo
apprezzato spunti musicali ispirati o
addirittura copiati da lui. Egli appartiene in
realtà alla ristrettissima cerchia dei
grandissimi, di quei pochi la cui musica rimane
a tutt'oggi inimitabile e senza tempo.
Esistono infatti
interpreti del blues che si distinguono per il
"feeling" coinvolgente,
altri che sono maestri nell'intrattenere col
ritmo e con la comunicatività
immediata, altri col sentimento contagioso della
malinconia. Ma James divide con
pochissimi una sorta di indefinibile lunaticità,
quasi una maledizione inesorabile, un blues
appunto che emerge miracolosamente dalle sue
interpretazioni, soprattutto le iniziali. Un
qualcosa che ha assegnato a questo genere alla
radice della musica americana del 900 la
definizione di "Musica del diavolo", traendo
spunto dall'opera di un altro nume tutelare del
blues Robert Johnson.. Non nel senso di musica
sulfurea,
epitome della malvagità satanica, ma come
espressione di una condanna risevata ai reietti,
ai poveri, ai "niggers" sfuggiti alla schiavitù
per piombare nella segregazione
riservata agli ultimi. Il blues è un'aura di
pessimismo che colpisce il carcerato, l'uomo
tradito dalla sua donna, "l'hobo" che vaga senza
casa e senza meta. Una sensazione sfumata,capace
di oscurare qualsiasi giornata di sole. Qualcosa
di impalpabile che entrò nella mente della gente
di colore.. E che fu trasformato in arte da
James, Johnson, Patton, Blind Lemon Jefferson ed
altri musicisti blues della prima ora.
Poi il blues
mantenne la sua grandezza ma in altri sensi,
divenendo un linguaggio più compiuto, uno stile
definito, più evoluzione ma meno diretta
espressione di questa sofferenza. In particolare
per Skip James vita e musica sono il suo blues
una sorte senza redenzione e l'artista ha solo
il grande dono di saperlo esprimere tra i solchi
di vecchi 78 giri o di qualche tardo LP degli
anni 60. Per questo parlare della sua musica è
come ricomporre le dodici misure, peraltro tutt'altro
che canoniche di
questo blues.
Ho esaminato due
raccolte in Cd,una dedicata alla seduta di
registrazione del 1930 con le sue 18 tracce
antecedenti al primo ritiro dalla scena, l'altra
comprendente alcune gemme incise negli anni
60:un unico blues diviso in due parti! Un blues
che inizia a Yazoo City sul delta del
Mississippi, dove Skip nacque nel 1902, un
paesino di campagna che sorgeva vicino ad una
piantagione di cotone. Il padre era un
chitarrista "bottleneck" che si separò dalla
madre di Skip quando questi era ancora
bambino. Fu nel 1917 che un suo amico
d'infanzia, Henry "Son" Stuckey gli insegnò
un'accordatura di chitarra aperta (E-B-E-G-B-E)
che lo stesso James chiamo "cross note" e che il
primo aveva appreso da un soldato incontrato
durante il servizio militare prestato nella
prima guerra mondiale. Fu lo stesso Skip a
raccontare che ciò che aveva appreso cercò
subito dopo di dimenticarlo. Ciò a rimarcare
l'orgoglio e perché no la consapevolezza della
propria assoluta originalità, che è poi
l'essenza della sua indefinibile arte. Un'arte
dissociata e frammentata quanto a ritmo così
come bizzarra e schizofrenica fu la vicenda
esistenziale del suo autore. James era di una
religiosità istintiva, intrisa di sensi di colpa
e di una superstiziosità ancestrale e d'altro
canto ostentava una fatalistica accettazione
degli istinti primordiali quali l'aggrressività
sessuale o la violenza vera e propria. Come si
deduce dai testi di alcuni suoi blues era
misogino,risentito verso il sesso femminile. In
"Devil got my woman", forse la sua prima grande
creazione musicale, egli parla del suo
disastroso breve matrimonio con Ornella Robinson
che lo tradi con uno dei suoi amici più intimi,
sconvolgendogli probabilmente in modo definitivo
l'instabile psiche: "..nothin' but the devil
changed my baby's mind". In "Cypress grove
blues" aggiunge: "I would rather be buried in
some cypress grove to have some woman, that i
can't control". Ed ancora è da citare il fatto
che egli conseguì un diploma alla "High school"
che non utilizzò mai, lavorando piuttosto in
quei campi di cotone dell'Illinois che avrebbe
citato in un suo blues autobiografico. Seppe per
altro parlare dei tempi della grande
depressione che trasfigurò poeticamente nel
bellissimo blues "Hard time killing floor".
Sicuramente condivise il destino della gente di
colore affrancata dalla schiavitù per essere di
fatto abbandonata a se stessa in un ruolo
subalterno di segregazione in una società
profondamente razzista dove il Ku Klux Clan
arrivava ad organizzare cacce al negro con
relative esecuzioni sommarie! Ma come dicevo
prima egli fu sempre convinto che la violenza,
il tradimento, la segregazione fossero
inevitabili. Per un lungo periodo egli fu
ministro battista, sicuramente condividendo il
messaggio di pacificazione che la Religione
Cristiana poteva portare. Pensava che
esistessero due facce di sé stesso che si
combattevano e prevalevano di volta in volta: da
un lato Nehemiah (il suo vero nome di battesimo)
era il predicatore di pace che cantava il gospel
in un gruppo da lui stesso organizzato nel
periodo del ministero
battista. L'altro , Skip era l'uomo che cantava
i blues della misoginia e della sconfitta. Non a
caso inserì questo nome nel testo di "DC
Hospital Center blues" che raccontava la sua
esperienza di malato di cancro poco prima della
sua morte. In effetti toccò a Skip, nel bel
mezzo di varie esperienze giovanili quali il
matrimonio fallito, il vagare in veste di
musicista girovago per le "barrelhouses" e le
piazze rurali, di entrare in sala di incisione
nel 1930 per la "Paramount Records" ad incidere
quelle 18 tracce che per originalità ed energia
creativa sono tra i capolavori del blues di
tutti i tempi. Toccò a Skip di non trarne nessun
profitto economico: la casa discografica, in
odore di fallimento, non rispettò mai il
contratto e non pagò l'artista. Deluso, Skip
abbandonò il blues ma non la musica dedicandosi,
come già detto, alla religione ed al canto
gospel. Il suo nome fu dimenticato fino agli
anni 60 allorché, sull'onda della moda del
"Blues Revival" inglese e statunitense e per
l'interessamento
del chitarrista e studioso John Fahey egli fu
convinto a rientrare nella scena attiva
partecipando ad un memorabile concerto durante
il Festival di Newport del 1964, catturando
l'ammirazione e l'interesse di nuovi giovani
fans. Ancora una volta non potè goderne più di
tanto. Incise per la casa discografica "Vanguard"
nuove tracce che, a dire il vero, ce ne hanno
tramandato quasi intatto il suo stile asciutto e
personale. La sua opera è adeguatamente
documentata dalle incisioni rimaste, ma James
nel 1969 morì di cancro:ne era già affetto al
concerto di Newport..
Quanto alla sua
musica si può dire che formalmente rientri nei
classici canoni blues delle 12 battute in
quattro quarti,secondo lo schema AAB, ma dal
punto di vista del ritmo, della vocalità e
dell'approccio agli strumenti musicali essa è
assai poco canonica. Voce e strumento,siano la
chitarra o il pianoforte lavorano di continuo
secondo un modello di "call and response": la
voce declina i versi, lo strumento acustico
risponde talora in breve intereiezione, talaltra
sotto forma di frase musicale complessa
che "svisa" o di trillo accordale. Come altri
bluesmen Skip adotta una imprevedibilità
armonica oscillante di continuo tra il modo
maggiore e il minore e c'è
in più una strabiliante precisione nel definire
le singole note ("an icy precision" secondo la
definizione del musicologo Giles Oakley). Il
ritmo, che pure appare accentuatamente sincopato
è quasi sempre irregolare, non rispettando
rigidamente la battuta a favore di una superiore
urgenza espressiva. Inoltre accelerazioni e
rallentamenti, breaks e riprese continue,alti e
bassi sono più volte adottati.
Ne consegue la
sensazione di una mancanza di centro armonico e
ritmico assai consona peraltro alla personalità
dell'uomo.
Entrando nel
merito del contenuto dei due CD il primo
contiene i suoi capolavori; di molti di essi ho
già accennato. Cito ancora "I'm so glad", brano
ripreso negli anni 60 dal gruppo inglese dei "Cream",
quì nella sua versione originale acustica dal
testo rudimentale ed insignificante, mentre
spicca la virtuosistica velocità congiunta ad
una stupefacente precisione nello scandire le
singole note. "22-20" è un brano dal testo ricco
di termini "slang". Qui il pianoforte viene
suonato come mai né prima né
dopo da altri, come apparente supporto alla
voce, in realtà assolutamente imprevedibile
quanto a scelta di tempi ed armonie.
Un blues
paradossalmente dionisiaco rifatto poi da Robert
Johnson col titolo di "32-30" in omaggio al
maestro James. Rinvio all'ascolto degli altri
brani, notandone peraltro l'eclettismo che
prevede sconfinamenti nelle metriche e negli
schemi del gospel e del country. Né va scordata
l'importanza della voce contenuta e sobria
quanto espressiva e solida nel sottolineare
certe sfumature psicologiche dei testi, altre
volte atteggiata a lamentosi melismi oscillanti
tra i toni bassi e il falsetto. In tutta la sua
musica spicca l'intento del giovane bluesman di
decodificare la propria lunare tragicità in una
catarsi sonora, come in una confessione di
estrema tensione e sincerità. La risposta fu
l'indifferenza del pubblico..
Ci vollero 40 anni
per superare questa delusione. Come ho già detto
Skip James tornò a suonare ed incidere dal 1964
in poi. Nel secondo Cd ritroviamo un artista più
definito ma meno travolgente. Il blues si fa più
intimo, talora venato di sfumature country e
gospel. Ma le riproposizioni di "Hard time
killing floor", "Devil got my woman", "Illinois
Blues" sono ancora più straniate e tragiche
nella loro misurata espressività. I filmati
dell'epoca mostrano un cantante totalmente
introverso e concentrato sulla musica a dispetto
dell'entusiasmo e del rispetto del giovane
pubblico di Newport. In realtà Skip stava già
giocando la sua partita a scacchi con la morte.
Le tracce di
questo CD sono in parte inedite, in parte tratte
dagli altri lavori che Skip arrivò ad incidere
negli anni 60: il blues appare sempre
caratterizzato dalla irregolarità e dalla
mutevolezza del centro ritmico-armonico. E' una
musica meno ruvida e primitiva, il falsetto è
più patetico, i toni comunque misurati. Nehemiah
è sempre più una sola cosa con Skip, pacificati
dall'approssimarsi del sonno senza risveglio.
Sbagliava Skip James: la sua arte vive ancora!
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