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I CD segnalati

 

 

Recensione di Luigi Farina

Kane Bros. Blues Band

© 2004 Mythco Records

La nostra recensione


KANE BROS BLUES BAND

Anthony Kane - harmonica, vocals

Jonathan Kane - drums, percussion

Josh Colow - guitar, vocals on 7

Ray Plautz - bass

John King - guitar


Nel 1972 quattro ragazzi bianchi formarono a Woodstook (New York) i Kane Bros Blues Band, due di questi erano i giovani fratelli Antony (voce e armonica) e Jonathan Kane (batteria). In breve il gruppo si affermò in America con il loro stile che sprigionava grande energia blues e furono considerati la migliore blues band emergente, tanto da essere ingaggiati come supporter di alcune tra le leggende del blues americano di quei tempi come Muddy Waters, James Cotton e Willie Dixon.

Dopo cinque anni, nel 1977 il gruppo si sciolse. Jonathan si trasferì a New York e registrò 40 dischi da solista, girando tutto il mondo con LaMonte Young, Gary Luca’s Gods e Monster’s, diventò anche membro fondatore della leggendaria rock band degli Swans. Antony arrivò a Chicago e cominciò a inserirsi nella scena del blues elettrico collaborando con personaggi quali Junior Wells, Sam Lay e Luther Tucker.

Nel 2002 i due fratelli Kane si riuniscono e riformano il gruppo insieme a Josh Colow e John King alla chitarra e Ray Ploutz al basso. Il loro blues, sfruttando le loro esperienze, ha oggi molta più energia e consapevolezza nei loro mezzi, e si ascolta con molto piacere.

Dopo aver girato per tutto il mondo (sono venuti pure un paio di volte in Italia), alla fine dello scorso anno escono con un loro CD, che prende il nome del gruppo, dove riportano la loro voglia di fare blues, di divertirsi e di far divertire, non uscendo molto dai canoni classici, ma con un’esecuzione degna di nota, dove spiccano la base armonica di Jonathan, molto pulita, ma energica nello stesso tempo, la chitarra di Josh Colow, sempre a buoni livelli, con assoli e fraseggi puliti, ed Antony che spesso si erge a protagonista sia con la sua voce che con l’armonica. Un disco che è quasi un “live”, sarà sicuramente molto apprezzato soprattutto dagli amanti del genere.

Dodici brani eseguiti con grinta, ma nello stesso tempo con buona tecnica, si ascoltano tutti di un fiato e ti fanno venire tanta voglia di ascoltarli dal vivo, diventando alla fine un tributo al blues e ai suoi grandi interpreti del passato.

Si inizia con Off the Wall di Walter Jacobs, dove è subito protagonista l’armonica di Antony e la batteria di Jonathan che impone la sua ritmica e offre tutto il suo talento ai suoi compagni di viaggio, come in tutto l’album. Il secondo brano, Yellow Down Easy di Willie Dixon, segue sempre con più grinta la falsa riga del brano precedente, con l’armonica e la voce di Antony in primo piano. Nel terzo brano, Little by Little di Mel London, si impone la chitarra di Josh Colow, che prima duetta con la voce di Antony e poi si lascia andare diventando protagonista. Nel quarto brano, Standing Around Crying di McKinley Morganfield, si ripete il duetto chitarra voce, con la chitarra che si trasforma in una vera e propria voce cantante con carattere e struggente forza, a volte trascinante. Il quinto brano, Strumble di Freddie King e Sonny Thompson, strumentale, dimostra il grande affiatamento del gruppo con Josh sempre protagonista, con i suoi fraseggi puliti. Nel sesto brano, Racket 88 di Jackie Brenston, torna protagonista Anthony alternando la voce all’armonica, che spesso diventa trascinante. Il settimo brano, Going Back to luka di Don Nix, vede protagonista Josh Calow, sia con la chitarra che con la voce, con tanta grinta, dando al brano una veste rock. Nell’ottavo brano, I Just Wont to Make Love to you di Willie Dixon, il gruppo esegue questo classico del blues con grinta e forza, spicca fra tutti la batteria di Jonathan che diventa spesso protagonista nei fraseggi con l’armonica del fratello. Il nono brano, Side Tracked di Freddie King e Sonny Thompson, strumentale, vede un duetto interessante fra i due chitarristi. Il decimo brano, Gone and left me di Walter Jacobs, torna protagonista la voce e l’armonica di Antony. L’undicesimo brano, How Many More Years di Chester Burnett, la chitarra di Josh torna prima a fraseggiare con la voce di Antony e poi da protagonista con il basso di Ray Ploutz che lo accompagna nelle sue frasi crescenti, alternandosi anche con l’altra chitarra di John King. Il dodicesimo brano, il classico Flip, Flop and Fly di C. Calhoun e W. Turner, chiude il disco con allegria e con tanta voglia di lasciare l’ascoltatore con questo che sembra (io mi auguro che sia) un arrivederci in un crescendo in cui tutti diventano protagonisti alternandosi in questo saluto.

Se vi capiterà di vedere in cartellone un loro concerto non esitate, andate ad ascoltarli per godere della loro musica, non ve ne pentirete.

Luigi Farina