Intervista ai Wish per la nostra rubrica Musica con gusto 2.0 articolo inserito su spaghettitaliani da Luigi Farina
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Articolo inserito da Luigi Farina il giorno 14/12/2019 alle ore 23.16.25

Intervista ai Wish per la nostra rubrica Musica con gusto 2.0

 

immagine in primo piano


Abbiamo intervistato i Wish in occasione del loro nuovo lavoro Stay Here My Friends per la nostra rubrica Musica con gusto 2.0.

vedi scheda album



Il vostro disco d'esordio esce nell'autunno del 2019 ma i vostri inizi risalgono addirittura al 1992. All'epoca era in corso una nuova ondata progressive, parallelamente all'emersioni del prog-metal e alla riscoperta di sonorità prettamente anni '70. Un buon periodo per muovere i primi passi...
Era un bellissimo periodo, durante il quale molte band hanno avuto il coraggio di proporre cose nuove con un occhio ai grandi del passato, superando qualche punto di caduta degli anni '80, ma prendendone anche il meglio. Il nostro stile è sempre stato pieno di contaminazioni e influssi, portati nel gruppo da ciascuno di noi; ovviamente il prog è il principale fattore comune tra i nostri gusti musicali ed in fondo ne è la sintesi, il compimento, ma all'inizio la nostra produzione non era così marcatamente prog, anzi alcuni dei nostri pezzi iniziali sono più vicini al classic rock. Anche in Stay Here My Friends sono presenti tantissimi riferimenti ad altre sonorità, ma certamente la nostra musica nasce da quel melting pot: il prog classico associato al metal e all'alternative rock, tanto per fare un paio di esempi.

Stay Here My Friends è il vostro debutto, ma parte da lontano. Dalla vecchia idea di un concept album dedicato all'amicizia. Sono ancora valide le idee del '92?
È doveroso premettere che l'idea di un concept album è sempre stata radicata nei nostri pensieri. Venendo da un comune background prog fortemente anni '70 non poteva essere altrimenti. Quando cominciammo nel '92 l'idea di un concept era in realtà più rivolta ad un disco che avesse come tematica le dinamiche di crescita di un ragazzo e l'ambiente in cui egli diventava adulto, più che l'amicizia in sè. L'età che avevamo era quella giusta per affrontare questo argomento.
L'idea che dà origine a quello che è oggi il nostro primo album è nata invece 3 anni fa: comporre un album sull'importanza dell'amicizia come fil rouge tra passato e futuro. Si tratta di un concept tematico, anche se sviluppa nei diversi pezzi le difficoltà dell'uomo nell'affrontare gli urti della vita e, come pensiero di raccordo, quanto l'amicizia sia necessaria affinchè questi ostacoli vengano superati.
Qualche brano viene da più lontano, qualche altro è molto recente. Su quelli più datati abbiamo apportato qualche modifica stilistica per avvicinarci al modo che abbiamo oggi di pensare la musica e i testi. Pensiamo quindi che sì, siano assolutamente ancora valide quelle idee ed anzi che il mondo abbia proprio bisogno di idee, di attitudini positive, quindi crediamo che di essere al passo con i tempi. Con il tempo noi stessi siamo maturati, abbiamo avuto modo di ascoltare tantissima musica diversa e di affinare molti dettagli nel nostro modo di concepire musica, cosa che rende il nostro album quello che è oggi e non quello che avresti magari ascoltato tanti anni fa.


Siete una formazione dichiaratamente prog-rock, un genere amato e odiato, che riesce a sopravvivere forte e sano solo se affrontato con una rilettura personale. Che tipo di taglio danno i Wish al prog?
È un taglio molto personale e molti ci stanno dicendo che abbiamo uno stile riconoscibile, identificabile, originale. Ci fa veramente molto piacere. Prima di tutto per noi sono importanti i contenuti, i testi, il nostro modo di vedere le cose e fare musica che vogliamo condividere; poi cerchiamo la fantasia nella composizione ed una certa originalità. Non ci piace il tecnicismo sfrenato, preferiamo magari un passaggio tecnicamente semplice ma d'impatto, che non sia scontato o fine a se stesso. Pensiamo che i nostri brani abbiano tutti un filo conduttore al proprio interno, una sorta di "discorso" che ha un inizio ed una fine, un senso logico che accompagna l'ascoltatore e che, speriamo, gli faccia sempre venire la voglia di ascoltare il pezzo successivo, di riascoltare il disco tante, tante volte.

Stay Here My Friends è un lavoro completo, nel quale tutto concorre alla realizzazione di un messaggio forte, dalla musica alla grafica. Ha senso, in tempi di musica liquida?
Il desiderio di partenza, il nostro obiettivo, era quello di realizzare un'opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare un qualcosa di bello, di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di grande qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme d'arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere l'IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla musica e ai testi, che ovviamente sono centrali.
Oggi, è vero, il supporto fisico rappresenta qualcosa che molti considerano obsoleto, ma viceversa c'è una forte riscoperta del vinile e del piacere di toccare, osservare, apprezzare i contenuti grafici di un album. Noi, come appassionati, siamo anche collezionisti e volevamo anche soddisfare questo aspetto. Visto il riscontro avuto fino ad oggi, stiamo infatti considerando l'idea di produrre Stay Here My Friends anche in formato vinile. In fondo uno dei più bei gesti che si possano fare nella vita è mettere un vinile sul piatto per (ri)ascoltare un album. Se chi ci ascolta invece sta cliccando su "repeat track" perchè sta seguendoci in digitale, noi francamente siamo contenti lo stesso. Ci piacerebbe che chi ci segue sia portato ad aprire il nostro digipack e riguardarne i contenuti, ma la musica è il centro del nostro messaggio, quindi l'importante è che ciò sia veicolato.


Domanda inevitabile: quali sono i gruppi senza i quali la vostra band non sarebbe mai nata?
Sono molti, alcuni comuni, altri più personali.
Siamo tutti cresciuti con i Pink Floyd, i Genesis, i King Crimson ma, riallacciandoci ai temi della prima domanda, ciascuno di noi ha vissuto la propria crescita musicale in modo specifico, quindi in questo "pantheon" di nomi è fondamentale citare le diverse influenze di ognuno di noi: Yes, Supertramp, ELP, Marillion, PFM, Banco, le Orme, gli Area, ma anche Led Zeppelin, Clash, Police, CSI, Afterhours e il cantautorato italiano più florido di idee come De Andrè, Fossati.
È interessante magari sottolineare come siano stati decisivi per la nostra band, specialmente per i testi e le atmosfere di quello che componiamo, anche Philip Roth, Pasolini, Kundera, Svevo, Veronesi o registi come Bertolucci e Leone. Come detto noi crediamo molto nelle commistioni culturali, la linfa di cui ci nutriamo arriva da più terreni fertili.


Quali sono invece i gruppi contemporanei, i vostri colleghi di oggi, che considerate più interessanti?
Fortunatamente c'è ancora oggi tanta buonissima musica in giro e anche molta negli anni 2000: tutti noi apprezziamo i lavori dei Dream Theater, dei Porcupine Tree e poi più recentemente i capolavori di Steven Wilson con le sue varie collaborazioni. Seguiamo con attenzione gli Opeth, i Tool, i Big Big Train. In termini di contaminazione di generi i Radiohead sono indubbiamente dei maestri, così come i primi Arcade Fire. Nel contesto della musica italiana ci piacciono molto i lavori degli ORK e dei Winstons. Anche alcuni tra i migliori lavori degli ultimi 2 anni sono nel segno del contagio positivo tra generi musicali all'apparenza diversi, pensiamo agli album di Sons of Kemet, Regal Worm, I Hate My Village, Childish Gambino, Flying Colors, The Winstons.

Non appena uscito, Stay Here My Friends ha ricevuto una bella curiosità all'estero, come sempre accade con gli album di progressivo italiano. Qual è secondo voi il motivo di tale gradimento?
Sì effettivamente soprattutto in Giappone ed in Brasile, al momento, abbiamo ricevuto molte richieste ed attenzioni. Probabilmente il pubblico straniero riconosce da sempre nelle cose che facciamo noi italiani un gusto e una qualità che è anche nelle loro corde. Questo è vero nella musica, certamente, ma è possibile riscontrarlo in molti campi, come in quello cinematografico ad esempio. Con questa nostra esperienza, abbiamo avuto modo di percepire la "fame", l'enorme interesse che gli stranieri nutrono nella musica prog italiana: sono costantemente in attesa di novità e quando queste novità arrivano sul mercato, riscuotono immediato successo. Abbiamo come italiani una storia artistica alle spalle, dai tempi di Michelangelo e Leonardo, che ci aiuta e crediamo che il Novecento cinematografico e letterario abbia contribuito a mantenere viva questa idea. In ambito progressive poi l'Italia è stata uno dei fari negli anni '70. PFM live in Japan è uno dei live più noti in ambito progressive, non a caso.

Wish dal vivo. Stay Here My Friends è un lavoro di studio e basta oppure la band è pronta anche per il live?
Questo è un lavoro fortemente da studio, nel senso che abbiamo curato moltissimo le sonorità, con un'attenzione maniacale nell'uso degli strumenti e nella loro calibrazione; il mixing è stato molto accurato, abbiamo discusso e condiviso molto. Ovviamente ci esibiremo dal vivo, ce lo auguriamo presto e ci stiamo preparando per offrire al meglio le nostre sonorità. Da qualche anno siamo senza bassista, ma ci stiamo attivando per trovare la soluzione migliore. Le nostre sonorità, come nel miglior Prog e Rock, sono fatte di pieni e di vuoti, per cui sarà anche importante per noi riuscire a trovare il giusto set-up per rendere al meglio le nostre composizioni dal vivo.

Solitamente i dischi d'esordio hanno con sé tutte le idee del passato, degli inizi, e poi una volta usciti alimentano nuovi spunti. È il caso anche dei Wish? Ovvero: state già pensando a un sequel?
Abbiamo moltissimo materiale prodotto negli anni: per realizzare questo disco abbiamo fatto delle scelte proprio in ragione del concept tematico sull'amicizia e prediligendo qualche brano, tra quelli passati, che costituissero un bel biglietto da visita per chi comincia oggi ad ascoltarci. Abbiamo anche diverso materiale recente e stiamo già scrivendo nuova musica, per fortuna la vena compositiva non ci manca. L'entusiasmo che abbiamo sperimentato negli ultimi tre anni ci ha anche dato molta energia nuova. In aggiunta a ciò abbiamo la nostra piccola casa, lo studio che abbiamo negli anni allestito ed equipaggiato e che ci accoglie, ci aiuta quando abbiamo voglia e necessità di registrare qualche composizione e mettere al sicuro qualche idea. È un'ancora non indifferente, una certezza.
Anche il prossimo album nasce da un'idea molto forte ed un contenuto importante. Per il prossimo disco stiamo ripescando e riverniciando qualcosa dal passato, unendo il tutto a dei pezzi completamente nuovi, che già stiamo cominciando a registrare. Quindi dovremo fare di nuovo delle scelte faticose, o forse le abbiamo già fatte...!



Parliamo adesso di enogastronomia, quale è il vostro rapporto con il cibo e il vino?
Il nostro rapporto con il cibo è un rapporto genuino fatto di piatti semplici ma allo stesso tempo di qualcosa che appaghi il gusto e rimanga nella memoria, qualcosa da ricordare. A volte ci ricordiamo meno i luoghi dove abbiamo trascorso del tempo insieme, ma sicuramente ci ricordiamo qualcosa di buono che abbiamo mangiato oppure un luogo dove abbiamo passato un tempo piacevole insieme. Se il tutto è accompagnato magari da un buon vino a suggellare un'intesa, sia con il cibo stesso a cui è accostato per esaltarne il gusto, sia per brindare al tempo trascorso insieme... in questo caso l'effetto è di qualcosa che si avvicina alla perfezione sulla Terra. Abbiamo deciso di festeggiare l'uscita del nostro disco insieme, presso un agriturismo-azienda agricola in Maremma, sorseggiando un ottimo rosso locale, quindi per noi questi momenti sono importanti.

Qualcuno di voi si diletta ai fornelli? Chi è lo "Chef" del gruppo e cosa gli piace cucinare?
Di noi è Piergiorgio, il cantante, che un po' si diletta, ma la parola chef è veramente esagerata in questo caso. A volte mangiamo insieme a casa sua e una bell'amatriciana o qualche altro tipico sugo, di origine romana e non, sono un bel rito per stare insieme. Anche in questo caso il vino buono è d'obbligo.

Volendo fare un confronto fra la vostra musica e l'arte culinaria, a che piatto accostereste il vostro modo di fare musica e perché?
Ci vengono in mente i piatti della cucina tradizionale romana, ad esempio la carbonara e la cacio e pepe; si tratta di piatti apparentemente semplici, ma per la loro perfetta realizzazione sono fondamentali: ingredienti genuini e di qualità, passione, molta cura e rispetto della tradizione. Sono piatti che danno sensazioni forti, che si ricordano e che si prestano anche ad interpretazioni in chiave moderna.
Ecco, forse la nostra musica, o comunque il nostro approccio ad essa, ha queste caratteristiche: rispetto dei grandi maestri del prog insieme a sonorità attuali, enorme passione, molta cura nei dettagli e nella composizione; il nostro desiderio, poi, è quello che dia emozione a chi la ascolti e che rimanga nella mente.


Music Center dedicato ai Wish


 

 

 

 

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