Giugno

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20 Giugno 2004 – Palermo - Giardino Inglese - Notte delle Chitarre

per

 

foto di Luigi Farina ©2004

le foto del concerto


 

INTERVISTA A EUGENIO FINARDI

di Luigi Farina

 

20 Giugno 2004 - ore 21 - Mi trovo al Giardino Inglese di Palermo, dove per Sol Music 2004 fra qualche minuto si svolgerà l'atteso concerto: "La Notte delle Chitarre" con ospite Eugenio Finardi. Nel salottino improvvisato davanti ai camerini c'è Eugenio Finardi che mi accoglie con molta simpatia e si sottopone con piacere alle mie domande.

 

Cosa è cambiato in te e nella musica di oggi dai tempi di quando cantavi "Musica ribelle", canzone simbolo di un periodo in cui fiorivano le radio indipendenti e nella musica si affermavano nuove sonorità con voglia di urlare il proprio stato d'animo?

Oh mamma mia! E' cambiato tutto, in questi trent'anni è cambiato l'universo. Poi in Italia, forse anche più che in altri posti, perchè si è purtroppo voluto, secondo me, anche dimenticare un certo periodo, il movimento, gli anni '70, inglobando tutto in un generico anni di piombo contrapposti alla disco music. Invece gli anni '70 sono stati un periodo culturale ricchissimo, forse l'ultimo periodo in cui c'era un futuro vero, in cui si sognava comunque il futuro come progresso, come conquista dello spazio. Dopo è arrivato "Alien", è arrivata l'involuzione, la paura, il futuro come degrado ambientale, eccetera, eccetera. E parte di quel sogno del futuro era anche un alto tasso di rivoluzionarietà, diciamo, che però era molto positivo, e a livello musicale ha portato a, forse, il decennio più straordinario del secolo, se ci pensi, basta pensare a tutto quello che è uscito negli anni '70, incredibile. E anche in Italia c'era una musica italiana originale, che non assomigliava alla musica americana o alla musica inglese, erano gli Area, era Camerini, ero io, la Cramps è stato un periodo storico straordinario, l'anno prossimo c'è il trentennale, spero di riuscirlo a celebrare bene, degnamente. Adesso è tutto molto industriale, c'è questo concetto del megaevento, sempre. O ci sono centomila persone o la cosa non esiste. E ovviamente tutto è abbassato ad un livello per centomila persone.

 

E tu come ti trovi in questo modo di vedere la musica oggi, in un periodo di crisi del disco, con l'avanzamento delle nuove tecnologie, tipo internet, o altro?

Io non credo che sia solo colpa di internet. Io onestamente sono uno che scarica certi tipi di pezzi, perchè magari mi incuriosisce qualche nuova produzione, pezzi pop, industriali, commerciali. Il problema è che negli anni '90 le case discografiche hanno pensato di poter fare come tutte le altre industrie, e trasformare l'enfasi dal prodotto al marketing, per cui non è stata più importante la qualità della musica, ma l'impatto, eccetera, eccetera. E quindi viviamo di simboli creati per durare tre mesi, anche ben prodotti, però ad altissimo tasso di consumo e di invecchiamento, e in alternativa nicchie sempre minori per le cose diverse.

 

A discapito della cultura, diciamo?

Certo! Un po' come nella radio, tutto ciò è andato di pari passo con un'evoluzione del discorso radiofonico, per esempio. Nelle radio, una volta, quello che allora nemmeno si chiamava Dj, metteva i pezzi che gli piacevano, e quindi li giustificava, li spiegava, c'era una passione, ed arrivava un'energia, un'emozione che era quella di quella persona, se vuoi era arte vera. Oramai gli speaker, sono solo speaker, i dischi sono scelti da un computer, gestito da un teorico di quello che la gente vuole, e abbiamo una radiofonia blanda e assolutamente insopportabile, come la musica.

 

Abbiamo parlato di un tipo di cultura oggi purtroppo in degrado, parliamo adesso di un'altro tipo di cultura sempre viva e anzi in forte sviluppo in Italia, e cioè la gastronomia. Qual'è il tuo rapporto con la gastronomia?

Io sono un appassionato, e per me è anche internazionale. Tu sai che io sono metà americano, ho due passaporti, mia mamma è americana, mio padre è italiano, inoltre sono un meridionale di adozione, perchè da quando c'è la lega io mi sono fatto adottare da Napoli, studio il napoletano, sono uno studente con anche buon profitto di napoletano, e quindi ho anche adottato la cucina meridionale, nel senso che ho cominciato a bruciare l'aglio, circa 5 anni fa, è stata per me una grande rivoluzione passare dalla panna all'aglio e al peperoncino, diciamo che mi ha aperto orizzonti assolutamente inediti, è stato come scoprire una nuova musicalità, visto che sono un cuoco anche abbastanza appassionato. Però devo dire che mi piace anche cucinare per esempio piatti giapponesi come il Sukiyaki. L'Italia in effetti eccelle in due cose: il cibo e la moda. Se avessimo questo stesso gusto, questa stessa attenzione nella musica saremmo un paese straordinario, in campo musicale.

 

Tu hai girato tantissimo, fra le cucine che hai "gustato", quale ti ha impressionato di più?

Io con il mio lavoro credo di avere frequentato veramente gli angoli più remoti di isole e penisole, e quindi ho avuto occasione di assaggiare tanti tipi di cucine. Credo veramente che le cose più particolari e più buone, la varietà e la quantità, l'inventiva e la creatività che ha la cucina italiana, credo proprio, non cè l'ha nessun altro tipo di cucina. Ho anche un grande amore per la cucina giapponese, la trovo speculare, completamente diversa, è aliena, è altra, la cucina giapponese parte proprio da una filosofia totalmente diversa, e proprio in quello la trovo estremamente rinfrescante, trovo che pulisca il palato, e per questo mi piace, visto che la controparte di essere sempre in tournee è che alla fine torni che hai sempre mangiato al ristorante, i grassi, i ragu, e quindi il potere poi entrare in questa cosa Zen è molto positivo.

 

Abbiamo parlato di cibo. e col vino che rapporto hai?

Avevo un buon rapporto quando lo potevo bere, adesso purtroppo non più, visto che ad un certo punto invece che ubriacarmi mi ha dato mal di testa. Anche li devo dire che preferivo i vini italiani, avevo una passione per il Barolo buono, e soprattutto il Barbaresco buono, il vitigno del Nebbiolo e tutti i suoi derivati. Fra l'altro mi piacevano i bianchi isolani, i sardi, i vermentini, i vini siciliani, c'è questa nuova fioritura di vini bianchi pregiati, che sono degni. Ma adesso non bevo più, sono solo ricordi.

 

Tornando alla musica parlaci un po' dei tuoi programmi futuri.

Ho dei nuovi progetti, ne stavo parlando con Luca Colombo prima, oltre a Finardi, c'è un progetto che si chiama "Anima Blues", che mi appassiona molto, ho ricominciato a suonare l'elettrica. Il blues è stata sempre la mia musica segreta.

 

Per finire un saluto ai visitatori di spaghettitaliani.

Ciao a tutti i visitatori di spaghettitaliani da Eugenio Finardi, che onestamente confesso mi sento anch'io uno spaghetto italiano.

 

Ringrazio Eugenio Finardi per la sua disponibilità e per la simpatia con cui mi ha accolto, e mi commiato con un grosso in bocca al lupo per tanti successi futuri.

 

Realizzazione: Luigi Farina ( lfarina52@hotmail.com )

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